Malcesine

STORIA DI MALCESINE

Le origini della cittadina di Malcesine sono fatte risalire all’epoca preistorica, mentre la presenza romana è attestata da tre tombe con molta probabilità di età imperiale. Notizie più sicure si cominciano ad avere nell’alto Medioevo, con l’arrivo dei Longobardi nel 586 e poi dei Franchi; quindi la sua storia si confuse con quella della costa orientale del lago passando sotto il Comune di Verona, gli Scaligeri e la Serenissima, fino alla dominazione austriaca e al regno d’Italia.

ARTE

malcesinePer la visita al paese iniziamo dalla Parrocchiale, dedicata a Santo Stefano, che nelle forme attuali risale al XVIII secolo. All’interno, ammiriamo una pregevole Deposizione di Gerolamo dei Libri (1474-1555), mentre in una cappella è posta l’urna con i resti dei santi Benigno e Caro con la pala – dipinta da Felice Boscaratti nel 1769 – rappresentante i due eremiti; del Boscaratti sono pure i dipinti del presbiterio, con soggetti di argomento biblico. Pregevole è il ciborio quattrocentesco, in altorilievo, murato nel presbiterio e proveniente dalla vecchia chiesa. Interessanti le quattordici stazioni della Via Crucis, attribuite a quattro pittori diversi del Settecento. In occasione della funzione religiosa delle Quarantore, la penultima domenica prima di carnevale, all’interno della chiesa viene allestita la Macchina, un’impalcatura lignea che ospita centinaia di luci, per solennizzare la cerimonia del Triduo, cioè i tre giorni di adorazione continua del Santissimo. Il centro storico di Malcesine conserva ancora un impianto medioevale, con le  vie selciate, le case addossate le une alle altre e le romantiche piazzette che neppure la netta impronta turistica che il paese ha assunto in questi ultimi anni è riuscita a banalizzare. Nei pressi della porta orientale si apre una strettissima viuzza – larga dai 55 ai 110 cm -, detta del Pica lòf, “dello strozza lupo“, a ricordo di una tradizione la quale sostiene che in questo vicolo si sia incastrato un lupo sceso dalla montagna a far razzia, permettendo così agli abitanti di averne facilmente ragione: secondo alcuni questa via è addirittura la più stretta che esista al mondo. Il monumento più significativo del paese è senz’altro il castello scaligero, che fece passare un brutto quarto d’ora al poeta tedesco Wolfgang Goethe (1749-1832). Infatti costui, durante il suo tour in Italia, nel 1786 era giunto a Malcesine. Appena sbarcato, la sua attenzione fu attratta dalla fortezza, per cui si accinse a farne uno schizzo da tenere come ricordo, ma alcune persone del posto lo presero per una spia e il poeta riuscì a dimostrare la sua vera identità solo dopo l’arrivo di un certo Gregorio, che aveva lavorato a Francoforte, patria del poeta, e che convinse i suoi compaesani sulle buone intenzioni del viaggiatore. Il castello con molta probabilità venne innalzato in epoca longobarda, distrutto nel 590 dai Franchi e poi subito ricostruito. Nel 1277 il maniero passò agli Scaligeri e fu fatto restaurare e rafforzare da Alberto I della Scala, anche nel giro delle mura destinate alla difesa del borgo. Ora il castello è in parte adibito a museo ed una sala ricorda proprio Goethe, mentre altre sezioni sono dedicate a vari aspetti dell’ambiente benacense e montebaldino; impagabile il panorama che si gode dall’alto del mastio, la torre più alta (30 m). Scendendo lungo un ripido viottolo selciato, ci dirigiamo alla volta del porto, ora ricovero di imbarcazioni da diporto, ma un tempo riparo per i grossi barconi da carico che trasportavano verso i porti del Basso lago il legname dei boschi vicini. Nelle vicinanze si trova il palazzo dei Capitani, edificato su ordine di Alessandro Miniscalchi nel 1477 e acquistato nel 1618 dalla città di Verona che lo destinò a dimora del capitano del lago. Superata Malcesine, verso Nord, il paesaggio diventa sempre più aspro e selvaggio, con le pendici del Baldo che scendono ripide nelle acque del lago, cosicchè la strada si è dovuta aprire un varco nella roccia con numerose gallerie che contribuiscono a rendere ancor più pittoresca la zona. Poco prima del minuscolo abitato di Navene – un toponimo di origine preindoeuropea con il significato di “conca” – dominato dagli oltre 2.000 metri del monte Altissimo di Nago, si stende la riserva naturale integrale della “Gardesana”, la cui essenza vegetale più caratteristica è il leccio, che qui ha uno degli habitat più settentrionali d’Europa. La piccola chiesa del paese, di cui le prime notizie risalgono al 1659, è dedicata a santa Maria Romana e presenta un altar maggiore in stile barocco; al suo interno conserva due dipinti di discreta fattura, uno attribuito alla scuola del Brusasorzi, l’altro a quella del Guercino.

ATTRAZIONI

La parte sommitale del Baldo è accessibile grazie ad una funivia – realizzata negli anni ’50 -, che dai 100 metri di altitudine della stazione di partenza, con due tratte, porta ai 1760 metri di Tratto Spino, da dove partono comodi sentieri che vanno verso la vetta del monte Altissimo (m 2079) e ci permettono di percorrere il crinale del Baldo fino a Costabella e a Naole. Nei pressi dell’arrivo della funivia sono stati realizzati degli impianti sciistici, particolarmente apprezzati per il magnifico panorama sul lago. La fama della vicina frazione di Cassone è legata alla presenza dell’Arìl, considerato il fiume più corto del mondo, sgorgando da una copiosa sorgente appena a monte della Gardesana ed entrando nel lago dopo un percorso di soli 173 metri. La Parrocchiale, costruita nella parte alta del paese e dedicata ai santi Benigno e Caro, le cui statue campeggiano sulla facciata, venne ultimata nel 1761. Poco distante si trova la vecchia chiesa, citata in un documento del 1491 ed ora utilizzata come oratorio o per manifestazioni varie. Dalla piazza della chiesa parte una ripida mulattiera che porta all’antico eremo dei due santi eremiti Benigno e Caro, vissuti in epoca franca nell’VIII-IX secolo.

Gli eremiti
Le sponde del lago, soprattutto della sua parte settentrionale, vantano una lunga tradizione di eremitaggi: basti pensare ai santi Benigno e Caro, che eressero a loro dimora un antro posto a 834 metri di altitudine, sotto le vette del Baldo. Attorno a questi eremiti, il cui culto è ancora molto sentito sull’alto lago veronese, fiorirono numerose leggende, che spesso si confondono con la storia.  Infatti, in un manoscritto conservato presso la Biblioteca Capitolare di Verona, dell’anno 807, si legge che il vescovo Ratoldo e il re franco Pipino, volendo traslare il corpo di San Zeno dall’antica chiesa alla nuova basilica, e non trovando in città nessuno degno di tale incombenza, mandarono dei messaggeri sul monte Baldo per convincere Benigno – Caro era solo il discepolo di quest’ultimo – a venire a Verona per spostare le reliquie del santo. L’eremita, udita l’ambasciata, non perse tempo e prese la strada della pianura, ma, poco sotto l’eremo, proprio sull’orlo della valle, una merla, nella quale si nascondeva il demonio, sbattendo le ali e svolazzandogli davanti, cercava di impedirgli di proseguire. Benigno allora le ordinò di immobilizzarsi e di stare in tale posizione fino al suo ritorno. E così fu. Il ricordo di ciò, un capitello che rappresenta appunto una merla, si trova ancora adesso sul luogo del presunto incontro, lungo il sentiero sul bordo della valle. Giunto in città, Benigno, assistito dal vescovo e dal re, pose le ossa di San Zeno nel sarcofago e poi se ne tornò a casa. Poco prima di arrivare all’eremo, trovò la merla morta: addolorato, per averne causato seppur inconsapevolmente la morte, si inflisse un severo digiuno di quaranta giorni. Secondo la tradizione Benigno e Caro morirono lo stesso giorno, il 26 luglio 808, ed ora i loro corpi riposano nella Parrocchiale di Malcesine. Ancora adesso, ogni anno, in autunno, questi santi sono ricordati con due feste distinte, una da parte degli abitanti di Malcesine ed una da parte di quelli di Cassone. Famosi eremiti furono pure sant’Ercolano, sulla sponda bresciana, e il beato Pietro Malerba a Torri, mentre romitori si trovavano anche in luoghi poi divenuti meta di pellegrinaggi, come il santuario della Madonna della Corona, sul monte Baldo, e quello di Montecastello, nel comune di Tignale.