DALLA PREISTORIA ALLA ROMANIZZAZIONE

Storia del Lago di GardaLa storia del Lago di Garda ha inizio con i segni di insediamenti umani durante il Paleolitico scomparsi poi in seguito all’azione di ghiacciai e le uniche tracce di siti di quell’epoca si possono trovare solo oltre certe altitudini, risparmiate dalle lingue glaciali: ed è ciò che successe sul Baldo trentino, dove sono stati recuperati strumenti di selce abbandonati da cacciatori in cerca di selvaggina. Il Baldo continuò ad essere frequentato anche in epoca Mesolitica, dagli 8.000 ai  4.500 anni prima dell’era volgare, per la possibilità – si presume – di rifornirsi di selce, abbondante su questo massiccio. Durante il Neolitico – 4.000 a.C. – le popolazioni del lago vennero a contatto con la cultura cosiddetta dei Vasi a Bozza Quadrata e di quel periodo sono state trovate, alla bese del monte Brione e nel territorio di Arco, tombe con il defunto in posizione ranicchiata. Le testimonianze più numerose che attestino la presenza dell’uomo in età preistorica risalgono però all’età del Bronzo (II mill. a.C.), quando le sponde del basso lago aaparivano costellate da numerosi piccoli centri palafitticoli, tra i quali ricordiamo Polada, una località dell’arco morenico, tra Desenzano e Lonato, che ha dato il nome alla principale cultura dell’età del Bronzo nell’Italia settentrionale.

Importanti sono pure gli insediamenti palafitticoli trovati nell’entroterra gardesano e, grazie ai pollini e ai resti conservati nell’ambiente umido di questi siti, possiamo conoscere anche le abitudini alimentari di quei tempi: coltivavano piselli e cereali, oltre a frutti selvatici; gli animali allevati erano soprattutto capre e pecore, seguiti da bovini, di piccola taglia, e maiali; infine gli oggetti trovati documentano l’esistenza di attività di tipo artigianale, come la produzione di ceramiche e di strumenti di metallo e di selce, l’industria su osso e la tessitura.

Durante l’età del Bronzo Recente (1.300 – 1.100 a.C.) nell’area Gardesana si affermarono centri di produzione di oggetti metallici esportati ed imitati in tutta Italia e nell’Europa continentale, tanto che un particolare tipo di ascia e di pugnale hanno preso il nome della stazionepiù importante, Peschiera.

Durante l’età del Ferro (I mill. a.C.) gli abitanti abbandonarono le palafitte e si stabilirono in alcuni punti strategici della regione del Garda: ora le popolazioni retiche del lago vennero a contatto con quelle venete e, alcuni secoli prima di Cristo, arrivarono i primi mercanti etruschi villanoviani.

La regione del Garda è interessata dalla penetrazione Celtica a partire dal VI sec. a.C., con l’arrivo delle tribù di Galli Cenomani, mentre un’avvincente documentazione sulla vita delle popolazioni gardesane è documentata dalle interessanti e spesso enigmatiche incisioni rupestri rinvenute sui liscioni glaciali del medio lago veronese, la cui datazione va dall’età del Bronzo fin quasi ai giorni nostri.

DALLA CADUTA DELL’IMPERO AL MEDIO EVO

Storia del Lago di GardaLa romanizzazione del nostro territorio si ebbe tra il II e il I sec. a.C., come è testimoniato dalla costruzione di grandi strade e dai resti di ville, come a Sirmione e Desenzano, mentre numerose sono le testimonianze epigrafiche. Interessante il ritrovamento sul monte di San Martino, dominante la piana di Riva, con i resti di un Santuario di età imperiale. Dopo la caduta dell’Impero, varie popolazioni barbariche irruppero nella regione benacense: degno di ricordo è l’incontro, a Salionze di Valeggio, fra il Papa Leone e Attila, il Re degli Unni, mentre la Rocca di Garda è identificata come il castello di cui era conte Ildebrando, il maestro d’armi del Re Ostrogoto Teodorico. La presenza dei Longobardi sembra concentrarsi attorno a Sirmione, ma grossi nuclei di questa popolazione si stanziarono anche nella parte orientale del lago, per l’importanza strategica della zona, che controllava la via d’acqua del Garda e quella terrestre della Val d’Adige, dando origine ad alcuni borghi, come Bussolengo, Pacengo, Pastengo, Cavaion e Calmasino. In questo periodo l’olivicoltura ricevette un forte impulso, soprattutto ad opera dei grandi proprietari ecclesiastici, quali i monasteri di Santa Giulia di Brescia e di San Colombano di Bobbio, quest’ultimo con vasti oliveti nella zona fra Garda e Bardolino.

Con i Longobardi assistiamo ad una prima riorganizzazione ed alla cristianizzazione delle nostre zone, peraltro iniziata con i Santi Virgilio e Zano ancora nel IV sec. e che continuerà sotto il dominio franco di Carlo Magno. Frattanto, con il procedere della cristianizzazione, erano sorte numerose chiese romaniche, intitolate a Santi venerati in modo particolare dalle popolazioni longobarde e franche, quali San Michele, San Giorgio, Sant’Andrea e San Martino, erette su siti pagani.

Con Berengario I, Re d’Italia, allo scopo di difendersi dalle incursioni degli Ungari, molti paesi gardesani rafforzarono le proprie fortificazioni. In questo periodo grande importanza assunsero alcuni centri fortificati con funzione strategica, tra i quali la Rocca di Garda, luogo di prigionia nel 950 della Regina Adelaide di Borgogna, vedova di Lotario II e futura moglie dell’Imperatore Ottone I. Fu proprio in tale epoca che si impose il nome di Garda su quello di Benàco.

Nei primi anni dopo il Mille, l’Imperatore Enrico II istituì la contea di Garda, a cui faceva capo tutta la costa orientale; nello stesso periodo l’Imperatore conferì poteri comitali al vescovo di Trento Ulderico I, dando inizio al principato Vescovile della città. La contea di Garda, che nel XII secolo era contesa fra Verona e l’Impero,  nel 1136 si ribellò all’Imperatore; riconquistata, venne data al Duca di Baviera Enrico il Superbo, per tornare, vent’anni dopo, alla città di Verona e come conte ebbe il veronese Turrisendo. Nel resoconto della discesa in Italia del Barbarossa, da parte di Ottone di Frisinga, vediamo per la prima volta il nostro lago citato con il nome di “Garda” (stagnum Gardae). Nel 1193 l’Imperatore Enrico VI, bisognoso di denaro per la sua politica volta alla conquista del Regno di Sicilia, cedette la Rocca di Garda e il suo comitato al Comune di Verona per 1.000 marche d’argento. Quattro anni dopo il Comune Veronese estendeva la sua giurisdizione anche su Sirmione. Per quanto riguarda la sponda occidentale, questa entrò a far parte della sfera d’influenza della città di Brescia qualche anno più tardi, e non senza contrasti per il forte spirito autonomistico della Riviera – così era chiamata la costa occidentale del Garda. Nel XII secolo molti centri lacustri divennero libere comunià e a questo periodo risalgono quei rapporti comunitari e quei diritti sulle acque e sui boschi attorno al Garda che in parte si manterranno sino ai giorni nostri. Condizioni economiche migliori rispetto ad altre zone dell’entroterra, una maggiore consapevolezza sociale ed infine un forte senso comunitario fecero si che molte delle comunità delle due sponde del Garda, nonostante le dimensioni limitate, si presentassero con i caratteri di veri e propri “microcosmi urbani”, che tendevano a differenziarsi sempre di più dall’entroterra rurale.

Nel 1265 Riva entrò nell’orbita dei Signori d’Arco, ma solo 14 anni più tardi la città passò al Vescovo di Trento. Il XIII secolo vide l’affermarsi della Signoria Scaligera: in quel tempo vennero rafforzati numerosi castelli, tra i quali Malcesine e Riva, che che rappresentavano dei capisaldi del sistema difensivo dei Della Scala a nord ovest. Nel medio lago, gli Scaligeri utilizzarono, rafforzandole, le strutture portuali esistenti – soprattutto a Torri e Lazise – per garantire il ricovero delle barche armate destinate alla vigilanza. Alla seconda metà del ‘300 risale l’attuale struttura del castello di Sirmione, mentre per la difesa del territorio al confine con Mantova vennero costruiti o rafforzati alcuni castelli a Ponti, Monzambano e a Valeggio, dove iniziava un sistema di fortificazioni che fu unico nel suo genere in Italia: il Serraglio, costituito da una serie ininterrotta di castelli e torri collegati da muraglie senza interruzione, fino a saldarsi al castello di Villafranca. Attorno alla metà del XIII secolo la Riviera bresciana passò sotto la dominazione dei Visconti, i quali, nel 1387, occuparono la sponda orientale.

DALLA REPUBBLICA SERENISSIMA AI GIORNI NOSTRI

Storia del Lago di GardaDopo la morte di Giangaleazzo, per un breve periodo tornarono gli Scaligeri e subito dopo i Carraresi di Padova, che però laciarono presto il posto alla Repubblica di Venezia (1405), che giunse a governare su tutto il lago ad esclusione di Riva. La lunga

dominazione veneta ha lasciato un’impronta indelebile nello sviluppo dei centri lacustri, con la valorizzazione dei terreni agricoli circostanti, l’instaurarsi di modelli di vita urbani e il paesaggio sempre più caratterizzato da alberi, anche ornamentali, come i cipressi. I paesi del Garda erano poveri di cereali, perciò alla raccolta e allo smistamento di queste provvedeva il mercato di Desenzano. Sulle colline gardesane prosperavano invece gli olivi e le viti, mentre le serre dell’alto lago assicuravano buone produzioni di agrumi. Nell’entroterra montuosa si praticava solo l’allevamento, soprattutto ovino, mentre dai boschi si ricavavano legna e carbone. La pesca era praticata intensamente e fiorente era il commercio del pesce. I paesi più “industrializzati” erano quelli della Riviera, dove avevamo la lavorazione del lino, del refe e delle corde a Salò, la produzione di chiodi a Campione e di carta a Toscolano, mentre nella Val Sabbia si producevano vari tipi di “ferrarezze”, come vanghe, zappe e lame.

Sulla sponda occidentale, Salò si vide riconosciuto, nel 1588, il comando e la direzione della cosiddetta Magnifica Patria, che univa in forma amministrative autonome i centri bresciani del lago. Sulla costa orientale, fin dal ‘400 i paesi vennero organizzati nella Gardesana dall’Acqua, una federazione con caratteri soprattutto fiscali: i centri più importanti erano Malcesine, sede del Capitano del lago, e Torri, dove si riuniva il consiglio. Sirmione e Peschiera, infine, dipendevano da Verona. Per l’amministrazione dei paesi del territorio veronese, Venezia conservò l’istituzione dei vicariati viscontei, i quali a loro volta erano una trasformazione dei vicariati scaligeri. Nella guerra che vide affrontarsi Venezia e la lega di Cambrai (1508), la regione gardesana venne ferocemente contesa sia dal Re di francia, sia dall’imperatore Massimiliano, che alla fine riuscì ad impossessarsi del sommolago, in seguito – nel 1521 – passato al Vescovo di Trento. Soprattutto nei secoli XVI e XVII i paesi del Garda furono funestati da molte pestilenze: tristemente nota quella del 1630, che dimezzò le popolazioni gardesane. Le nostre zone furono coinvolte direttamente nelle guerre napoleoniche e l’episodio bellico sicuramente più famoso che ha interessato in quegli anni la regione del Garda è la battaglia combattutasi nel gennaio del 1797 attorno a Rivoli, ma scontri minori, sia sulla terraferma che sul lago, si ebbero un pò dovunque. Il 17 ottobre 1797, con il trattato di Campoformio, la costa a nord di Campione e quella orientale passarono all’Austria, tranne Lazise e Peschiera che toccarono alla Repubblica cisalpina con il resto del lago; Riva rimase al Vescovo di Trento. Nel 1815 il Garda passò sotto l’impero Asburgico, entrando a far parte del Regno Lombardo-Veneto.

Attorno alla metà dell’Ottocento la parte meridionale del Garda fu teatro delle guerre d’indipendenza e, prima la riva lombarda nel 1859, poi quella veneta nel 1866, ed infine quella trentina nel 1918, tutto il Garda passò all’Italia. Dopo la liberazione di Mussolini dal Gran Sasso si iniziò l’avventura della Repubblica Sociale di Salò e il 10 ottobre 1943 il Duce si stabilì a Gargnano, nella villa Feltrinelli. Tra la Val Sabbia e Salò e sul Baldo operarono delle brigate partigiane; gruppi di combattimento partigiani erano attivi anche nel Garda Trentino, protagonisti il 28 aprile 1945 dell’insurrezione di Riva. L’emigrazione dai paesi del Garda si iniziò a partire dalla fine dell’800, quando molti contadini si diressero verso i boschi della Nuova Inghilterra a fare i boscaioli. Ondate migratorie si ripeterono in periodo di crisi, dopo le due guerre mondiali e la crisi del 1929, con destinazione, soprattutto, prima l’Argentina e poi, negli anni ’50, le miniere del Belgio e le fabbriche della Svizzera. A partire dall’ultimo dopoguerra assistiamo all’esplosione del turismo di massa, che ha determinato mutamenti profondi nel paesaggio e nel tessuto socio-economico: infatti in quegli anni si iniziò l’abbandono dell’agricoltura, soprattutto nell’alto lago, con la decadenza dell’olivicoltura; la pastorizia ovina è ora quasi abbandonata e resiste ancora l’allevamento delle mucche da latte, che utilizzano d’estate gli alpeggi, sia sul Monte Baldo sia sulle montagne Giudicariensi. Anche nel campo della pesca si è assistito all’esodo degli addetti, attratti da prospettive di vita migliori. Sul lago ormai tutto è al servizio del turista e ciò si è espresso nella costruzione degli alberghi e delle seconde case.