POPOLAZIONE E TRADIZIONI DEL LAGO DI GARDA

Parlando di tradizioni del Lago di Garda, le parlate locali, oltre ad avere le caratteristiche linguistiche proprie delle città verso cui gravitano, presentano pure aspetti propri delle zone vicine: ecco quindi che nell’alto lago veronese i dialetti risentono fortemente dell’influsso bresciano, tanto che quello di Malcesine è considerato lombardo tout court, mentre a Limone è rilevante l’apporto trentino; le caratteristiche bresciane degli idiomi della sponda occidentale sono poi ammorbidite dall’influenza veneta, mentre a Sirmione, luogo d’incontro fra la parlata veneta e quella lombarda, un tempo i pescatori erano in pratica “bilingui”. Sulle rive del lago vivono oggi circa 130.000 persone, concentrate nella parte meridionale, dove si trovano i centri maggiori (Peschiera, Desenzano, Salò, Bardolino, Garda): queste cittadine, come pure Riva e Malcesine nell’Alto lago, hanno avuto origine dallo sviluppo di antichi centri portuali, dove fervevano attività commerciali e artigianali, con un retroterra agricolo. Gli altri centri minori della costa basavano, invece, la loro economia soprattutto sulla pesca, o, nel caso dei borghi disposti sulle alture, sull’agricoltura e su attività silvo-pastorali.

Tradizioni del Lago di Garda

Le tradizioni del Lago di Garda sono numerose, soprattutto per la varietà di influssi provenienti dall’esterno e, nonostante il forte impatto che questi centri hanno dovuto subire a causa del turismo, una parte di tali usanze conserva ancora una certa vitalità. Ai bambini del Garda i doni sono portati da Santa Lucia, il cui culto venne diffuso sul lago in epoca veneziana. Ancora adesso, la sera del 13 dicembre, in alcuni paesi passa la “santa” con il suo asinello e i doni da regalare ai bambini che la aspettano con ansia dopo aver preparato sulla soglia di casa del fieno, crusca e acqua per l’animale e tenendo gli occhi ben chiusi per non rischiare di … perdere la vista! Cortei natalizi di pastori e greggi si svolgono ancora a Gardone Riviera e, soprattutto, a Rivoltella, dove l’intero paese è mobilitato per la “sacra rappresentazione”, con il punto culminante nell’arrivo dei Re Magi, il giorno dell’Epifania. Il 15 agosto di ogni anno, a Desenzano, si svolge la Festa dei lumì, conosciuta pure come Notte d’incanto, una festa del tutto laica e pubblica, che dal centro storico – con saltimbanchi, giocolieri e ballerini – si trasferisce sul lungolago dove si ha la sfilata, ogni anno diversa, in onore di personaggi illustri che abbiano fatto sosta a Desenzano. Durante le feste di Natale, gruppi di giovani sono soliti girare per le strade di alcuni paesi, soprattutto in Valvestino e a Tignale, cantando dei canti natalizi – le biganàte – con una grossa stella di carta illuminata da una candela, ricevendo in cambio soldi o regali in natura. Una delle tradizione più antiche e ancora molto diffusa nei paesi del lago, soprattutto veronesi, è quella dei brujèj. La sera dell’Epifania, sulle colline ma anche nelle corti di campagna e da qualche anno pure nelle piazze dei paesi, vengono accesi grandi falò con sterpi, spine e rami. Molto probabilmente risalenti ad epoca precristiana, questi fuochi sono dei riti di purificazione e secondo la tradizione contadina servono ad illuminare alla Sacra Famiglia la strada per l’Egitto. In certi paesi – ad esempio a Torri – in questa occasione viene bruciato un fantoccio – la vècia – di cartapesta e paglia, addobbato in modo da assomigliare ad una vecchia strega, tanto che secondo alcuni questo falò ricorderebbero i supplizi inflitti alle presunte streghe medioevali. In alcuni paesi il rogo della Vècia si svolge a metà Quaresima ed è celebrato sotto forma di un’esecuzione rituale, con la quale il carnevale viene cacciato, ucciso. In questa occasione a Limone, viene fatta un’elargizione di cibo che un tempo serviva a interrompere i digiuni più o meno volontari della gente. La festa, con la distribuzione di àole frite, polenta e vino richiama ancora molti curiosi ed è completata da giochi tradizionali in piazza, oltre che dall’albero della cuccagna; con l’imbrunire si brucia la vècia, salutando così la fine dell’inverno.

Sempre parlando di tradizioni del Lago di Garda, tra i carnevali, sulla sponda veronese ha acquistato una buona notorietà quello di Garda, dove viene eletta la maschera del Gran Magna Aole, a sottolineare la spiccata vocazione peschereccia di questo paese, affiancato dalla regina Adelaide e dal re Ottone, che ricordano i gloriosi trascorsi storici del borgo. Nel vicino paese di Torri il carnevale viene festeggiato in settembre e questa volta il protagonista è la maschera di re Berengario I, che a Torri soggiornò per circa un mese nel lontano 905. Particolarmente suggestivo è pure il carnevale di Arco, che ricorda l’epoca felice del Kurort con la riproposizione di una sfilata in carrozza della corte asburgica ed un galà danzante. Molto più antico è quello di Varignano, nelle vicinanze di Arco, la prima domenica di Quaresima, con la processione per le vie del paese dei “carnevali”, piramidi con una struttura di canne di bambù su cui si intrecciano rami di alloro e si appendono gusci d’uovo colorati, simbolo forse della fertilità: arrivati ad un poggio questi “carnevali” vengono bruciati con un rito teso ad esorcizzare il male con il fuoco. Riti contro il carnevale erano i cosiddetti Tridui dei morti, che si diffusero a partire dal ‘600. In questi Tridui assumevano grande importanza gli elementi coreografici e la profusione di addobbi e di luminarie della cosiddetta “macchina”, costituita da una grande architettura scenica, spesso di legno lavorato e dorato, di gusto barocco. “Macchine del Triduo” si possono ancora ammirare a Malcesine e a Magasa di Valvestino: qui un enorme drappo nero nasconde la “macchina” – che occupa l’intera abside della chiesa ed è coperta da una miriade di candele – per alzarsi a conclusione della predica e mostrare in un tripudio di luce l’ostensorio. Tra le tradizioni popolari del Garda non ‘ da dimenticare il palio delle bisse, le tipiche barche da pesca, a due punte e con il fondo piatto, che prevedono la voga alla veneta, in piedi, con quattro rematori. Secondo alcuni la prima regata di bisse si sarebbe svolta a Salò nel 1548,  ma in seguito queste gare vennero abbandonate e poi riprese più volte, fino a quando nel 1967, l’APT di Lazise promosse un nuovo Palio, a cui aderirono vari paesi del Garda: ora sono una ventina i comuni interessati che si disputano, in estate, la Bandiera del lago, in nove o dieci luoghi diversi del lago.

C’ERA UNA VOLTA… LE FIABE DEL GARDA

Alla fine della stagione estiva, già nella seconda metà di Agosto bisognava prepararsi per l’inverno. Con l’accorciarsi delle giornate il popolo del Garda iniziava il FILÒ, le veglie serali nelle stalle. In questi ambienti, che erano un pò più caldi per la presenza degli animali, si davano convegno anche più famiglie e persone che provenivano da lontano. Una lampada ad olio illuminava l’ambiente e permetteva alle donne di filare la lana sul fuso ed agli uomini a sistemare attrezzi agricoli  o intagliare qualche oggetto utile. E mentre si lavorava, si parlava  di tutto. Puntualmente veniva l’ora della storia. Raccontavano anche le donne, ma dalle testimonianze raccolte, risulta che i migliori narratori erano considerati gli uomini. Erano uomini del luogo, ma potevano essere anche estranei; venivano da paesi molto lontani, sempre avidi di novità. Non mancavano neppure cantanti di opere liriche: i più famosi erano quelli di Garda. Queste fiabe tradizionali si sentivano soprattutto nei FILÒ della campagna, raramente c’era la presenza di un pescatore, a causa delle diverse abitudini di vita; questi andavano a letto prestissimo per alzarsi alla due di mattino per ritirare la pesca. Ma adesso eccolo qui alcuni esempi del FILÒ del Garda:

Perchè il lago da BENACO si chiamò GARDA

C’era una volta  un fiume di nome SARCA. Si sentiva stanco del suo lungo cammino, si fermò e vide tra le canne, sotto un ombroso gelso, la ninfa GARDA, figlia del fiume BENACO. GARDA era adornata di una candida veste, cinta ai fianchi con porpora e oro, aveva le chiome fluenti, deterse da una limpida fonte. La ninfa accese d’amore SARCA che dimenticò il suo corso. Era così innamorato che corse da suo padre BENACO per chiederle in sposa la figlia GARDA, con la promessa di fondere le sue acque con quelle di BENACO, fino a formare un lago ampio come il mare e a esso dare il nome della ninfa GARDA. BENACO accettò e fu preparato immediatamente il convitto nuziale. Tra cibi prelibati, ninfe bellissime, vini pregiati era presente anche la profetessa MANTO. In quell’occasione predisse il futuro ai due giovani sposi. Dalle nozze di GARDA e SARCA nascerà un enorme lago e da questo un figlio, il MINCIO. Fu così, proprio come ha detto la profetessa. I due sposi vissero felici e contenti, il loro figlio MINCIO, serpeggiando fra balzi erbosi e rive di canneti, incontrerà la ninfa MAIA e le darà un figlio che canterà le gesta eroiche di Troia: VIRGILIO.

L’origine del lago, seconda versione

C’era una volta un paese di nome GARDA, che soffriva di  gravi problemi idrici. Dopo una stagione particolarmente secca, gli abitanti di GARDA decisero di rivolgersi ad un ingegnere affinchè riportasse l’acqua in paese facendo scaturire nelle vicinanze una salvifica fonte. L’ingegnere venne, ma prima di iniziare i lavori, si fece promettere dagli abitanti, in compenso, tutti gli arredi sacri delle chiese, candelabri e calici compresi. Benchè, la proposta fu accettata. Ma dopo mesi di lavoro, l’ingegnere, che non era altro che il diavolo camuffato, non era riuscito a far scaturire una sola goccia d’acqua, sebbene avesse scavato una buca profondissima. I GARDESANI protestarono e allora il diavolo aumentò la richiesta: se gli avessero prima consegnato tutte le campane dei dintorni e poi avessero gettate nella buca, sarebbe sgorgata tanta acqua da sommergere l’intero paese. Gli abitanti non valutarono l’effettiva gravità degli esiti, perchè erano inebriati dalla proposta di ottenere finalmente quello che cercavano. Così fecero come l’ingegnere aveva loro indicato. E così avenne, gettate le campane nella buca, sgorgò così tanta acqua che GARDA fu sommersa e ancora il volume aumentò a formare l’attuale lago.